Se un giorno mi ritiro in un angolo isolato, porto con me un buon libro e tanto cioccolato...

mercoledì 4 agosto 2010

Dragèes: bontà e fantasia

DISPONIBILI NEI GUSTI:

NOCCIOLA E LATTE
NOCCIOLA E BIANCO
NOCCIOLA E FONDENTE
SCORZA ARANCIO E FONDENTE
RISO SOFFIATO E LATTE
CAFFE' E FONDENTE
MANDORLE E LATTE
MANDORLE E FONDENTE

GR. 130 EURO 4,70

CIOCCOLOSA SPALMABILE: LA CREMA UNICA AL MONDO

IL CIOCCOLATO SPALMABILE INCONTRA LA FRUTTA

DISPONIBILE NEI GUSTI:
TARTUFO
PISTACCHIO
ARANCIO
PERA
MELONE
BIANCA
NOCCIOLA
MIRTILLO
COCCO
FONDENTE
CANNELLA
NOCE
LIMONE
CAFFE'
MENTA
gr. 300 euro 8,00

LE CLASSICHE TAVOLETTE

Tavolette di cioccolato disponibili nei gusti:
Fondente cacao 60% gr. 100 euro 3,00
Fondente cacao 80% euro 3,00
Fondente extra 100% massa di cacao euro 3,00
Fondente cacao 60% al peperoncino euro 3,00
Al Latte cacao 32% gr. 100 euro 3,00
Bianco gr. 100 euro 3,00

FACCIAMO FELICI I BAMBINI

Cari piccoli golosi,
avete mai pensato di poter giocare con le costruzioni al cioccolato?
Da oggi potete farlo, acquistando le nostre confezioni di "Lego" al cioccolato fondente, al latte o al cioccolato bianco.
Confezione da 100 gr. euro 6,80











martedì 3 agosto 2010

CURIOSITA': LA STORIA DELLA TORTA SACHER

Chi l'ha inventata? Il signor Sacher o il signor Domel? E la marmellata va messa soltanto sotto la glassa di cioccolato o anche a metà della torta? Interrogativi che nella storia della gastronomia hanno a lungo accompagnato la vita di questa famosa e squisita torta. Il primo è stato risolto addirittura dai giudici di un tribunale. Il secondo, come vedremo, continua ancora a far discutere.
Era l'anno 1832 quando per la prima volta la torta venne servita alla tavola del principe di Metternich, il potente cancelliere austriaco noto, oltre che per il suo acume politico, anche per la raffinatezza del suo palato. Fu un successo. Lo chef che l'aveva ideata si chiamava Franz Sacher e la torta fu battezzata con il suo nome. Negli anni che seguirono molti altri chef se ne attribuirono la paternità. Ma il più deciso era il signor Demel. Fu così che un figlio di Sacher per chiudere la questione si rivolse ai giudici. La sentenza stabilì la verità: l'ideatore della torta è il signor Sacher. E, a riprova di ciò, in una lettera datata 1888 custodita gelosamente nella cassaforte dell'Hotel Sacher di Vienna, si legge che " la torta Sacher è un'invenzione di mio padre, che vive ancora. Egli stesso, da giovane, aveva messo insieme questo dolce e fatto apparire sulla tavola di Metternich già 56 anni fa, dove incontrò molto successo da parte dello stesso principe. Da allora questa torta fu allestita in tutti i posti dove mio padre ha lavorato, ma attualmente si può trovare solamente nel mio albergo".
Sebbene la ricetta originaria venga tenuta segreta, i pasticcieri sono riusciti a trarne ricette abbastanza simili. Ma l'autentica Sacher è soltanto quella prodotta e venduta dall'omonimo hotel a Vienna che, su richiesta, la spedisce in ogni parte del mondo. Ecco spiegato perchè si legge "torta tipo Sacher".
Quanto al secondo interrogativo sulla gelatina di albicocche da spalmare, secondo alcuni sotto la glassa di cioccolato e secondo altri anche nel mezzo del dolce, la risposta è: nella Sacher la gelatina è sia sotto la glassa sia nel mezzo della torta

DALLA VETRINA CABOSSE: IL GIANDUIOTTO.

Il cioccolato gianduia della linea che vi proponiamo è sfuso,  prodotto artigianalmente ed arricchito con  nocciole intere. Ottimo da gustare. Al costo di euro 35,00 al Kg.
Ma conoscete la storia di questo famoso cioccolato?
Nasce da un'invenzione semplicemente geniale: l'aggiunta alla pasta di cacao di un composto di nocciole tostate e tritate. Un matrimonio combinato e riuscito tra la forza del cacao e la dolcezza delle nocciole. IL segreto sta nella nocciola: la famosa varietà "Gentile delle Langhe" che cresce appunto sulle colline delle campagne a Sud di Torino ed è rinomata per la sua qualità fine e gustosa, ricca di fragranti oli aromatici. Apprezzato da 130 anni nei Paesi di tutto il mondo, il giandujotto è considerato il cioccolatino Made in Italy più tipico.
Ma a chi va il merito dell'invenzione? E in quali circostanze fu creato?
L'idea si attribuisce a Michele Prochet, che già dal 1852 produceva quella pasta di cioccolato e nocciola cje sarebbe stata poi messa in commercio come gianduiotto nel 1865. All'inizio della produzione lo chiamavano "givu" che in dialetto piemontese significa "cicca" e quindi bocconcino, ma anche "grillo", inteso come bizzarrìa. A fare scattare a Prochet la scintilla creativa fu, secondo i cronisti dell'epoca, lo stato di necessità: il prezzo del cacao era salito alle stelle dopo il blocco continentale voluto da Napoleone, e quindi bisognava "allargarlo" con altri ingredienti del terriorio più a buon mercato. Il ricorso all'ottima nocciola salvò la situazione. Ma il segreto del suo successo sta anche in un altro accorgimento: far colare la preziosa miscela in modo tale che l'impasto, espandendosi, si addensasse senza perdere la sua leggerezza. E il tocco finale lo diede il " colpo di cucchiaio" sfociato in quel piccolo ceppo triangolare, spicchio o barchetta rovesciata dal profilo che ricorda l'ala del cappello della popolare maschera da cui prende in nome. Fu proprio Gianduja a conferirgli la fama: anzi pare che sia stato "lui" in persona durante il Carnevale del 1865 a distribuire alla folla gli straordinari cioccolatini, autorizzando i produttori a battezzarli con il proprio nome per celebrare l'occasione. Il gianduiotto, tra l'altro, è stato il primo cioccolatino ad essere incartato nella stagnola.

DALLA VETRINA CABOSSE: IL CIOCCOLATO COI CRISTALLI

Chi ha gustato il cioccolato modicano sa bene che, spezzandolo, si vede brillare una miriade di puntine di cristallo. Il gusto è più rustico del classico cioccolato, ma molto piacevole. A questo proposito Leonardo Sciascia un giorno scrisse: "A chi gusta questo cioccolato sembra che quella prodotta altrove sia un'adulterazione, una corruzione".
Nella vetrina  Cabosse potete trovare il cioccolato originale modicano nei gusti: Agrumi Siciliani, Caffè, Cannella, Fico d'India, Fondente, Gelsomino, Mandorle e Nocciole, Nero d'Avola, Ginseng, Peperoncino, Pistacchio, Vaniglia al costo di euro 2,70

Le passioni sono passioni e Modica (Rg) ha quella del cioccolato. Ma non del cioccolato in genere. Ha la passione del cioccolato primigenio, quello con i cristalli lavorato all'uso messicano, che i conquistadores spagnoli scipparono armi in pugno alle popolazioni di laggiù, dove era alimento quotidiano e poi portarono e diffusero in Europa con le istruzioni e gli strumenti per l'uso. Anche in Sicilia. Infatti i cioccolatieri modicani affermano di non avere inventato un bel nulla. Hanno solo continuato a lavorare la pasta di cacao con il "metodo Montezuma", dal nome dello sfortunato imperatore Atzeco.
Metodo fino a poco tempo fa guardato con molto scetticismo dagli altri produttori nazionali. Ma oggi, in un momento in cui il cioccolato è fortemente "trendy" alcuni produttori alla ricerca di qualcosa di nuovo copiano i cioccolatieri modicani e il loro cioccolato con i cristalli, "che è una leccornia antica quanto il mondo". I cristalli sono dovuti alla speciale lavorazione della materia prima. Infatti, al contrario di quanto è avvenuto nel resto d'Europa, in Sicilia il cioccolato non è passato alla fase industriale perchè era priva della forza economica necessaria. Così il metodo è vicinissimo a quello originario. L'ingrediente principale è una massa di cacao (semi macinati) prima riscaldata ad una certa temperatura (45°) per renderla fluida e poi amalgamata con zucchero semolato e spezie. Il composto viene mantenuto ad una gradazione che non fa sciogliere i cristalli di zucchero, i quali restano quasi integri all'interno della tavoletta.
 

CURIOSITA': STORIA DEL CIOCCOLATO

La pianta del cioccolato o meglio l'albero del cacao è originario del Sudamerica , dove tutto lascia credere che sia arrivato al seguito del popolo dei Maya emigrato dall'America centrale verso quella del Sud intorno all'anno Mille. E la storia racconta il doppio valore di questo frutto: come nutrimento, era la base di una bevanda energetica consumata da quelle popolazioni. Come moneta, era la valuta corrente per pagare le merci. Così, quando nel 1200 i Maya furono sottomessi dagli Atzechi, ai nuovi padroni delle loro terre essi pagavano onerosi contributi in cacao. Passarono tre secoli ed ecco che nel 1502 Cristoforo Colombo, al suo quarto viaggio alle Americhe alla ricerca della "riva delle Indie", fermarsi al largo dell'Honduras in un'isola i cui abitanti gli fecero omaggio di molti prodotti locali tra cui il frutto del cacao. Ma il genovese e i suoi uomini non ebbero la cuorisità di assaggiarlo: furono attratti dal fatto che venisse usato come moneta.
Alcuni anni dopo, nel 1519, Hernàn Cortes sbarcò in Messico accolto con tutti gli onori (ahimè!) dagli Atzechi, i quali credettero di riconoscere in lui l'incarnazione del loro tanto atteso dio Quetzalcoatl che millenni prima, umiliato e offeso da un'altra divinità, era scomparso giurando che un giorno sarebbe tornato dal  mare per ridare al suo popolo la gloria di un tempo. Fu così che l'Imperatore Montezuma accolse Cortès con amicizia e doni, tra cui una intera piantagione di cacao. Ma Cortès e la sua gente bramavano l'oro che quel suolo nascondeva, e per averlo non esitarono a distruggere un intero popolo e la sua civiltà. E, quando gli spagnoli tornarono in patria, caricarono lui loro vascelli anche le fave di cacao da cui, nel frattempo, avevano imparato a ricavare la bevanda  che gli Atzechi consumavano abitualmente e la cui coltivazione era accompagnata da riti ben precisi. Ma la bevanda era amara e il suo gusto non incontrò il favore della gente spagnola. Tentativi erano stati già fatti per addolcirla, ma solo quando venne mescolata allo zucchero di canna il risultato fu quello che oggi noi conosciamo.
E poi arrivarono i perfezionamenti: il cioccolato, fino allora bevuto freddo, da qualcuno provvisto di palato fine fu scaldato e ciò ne esaltò ancor di più il sapore e il profumo. Un piacere, però, riservato al palato dei re e delle corti per il costo elevato. Ma ancora per poco.
Un italiano, Francesco Carletti, intelligente giramondo, riuscirà ad importare alcuni frutti e a venderli.
Intanto gli olandesi toglievano agli spagnoli il monopolio e in breve il cacao, ormai importato in grandi quantitativi, divenne di uso quasi comune: ernao i primi anni nel 1600 e, verso la fine del secolo, Torino era già riconosciuta la capitale italiana del cioccolato. Qui la preziosa polvere veniva lavorata con vera maestria.
I primi locali pubblici, battezzati "saloni" o "caffè" , dove era possibile ordinare l'esotica bevanda, si aprirono a Venezia. Ma anche nella vicina Francia il cioccolato celebrava i suoi trionfi a Corte, dove a prepararla erano le "cioccolatiere", ovvero cameriere specializzate in quest'arte. Il re Sole stesso, Luigi XIV, emanò un editto, il primo in Europa, che regolava la vendita all'ingrosso e al dettaglio del cioccolato. A suo tempo sarà il Cardinal Mazzarino, ghiottissimo di cioccolato, a far arrivare dall'Italia il More, un cuoco famoso per la sua abilità nel preparare bevande al cioccolato. Passarono gli anni e il "cibo degli dei" arrivò suo tavoli dei moderni "caffè".
In seguito gli spagnoli iniziarono a produrre il cioccolato in tavolette, gli inglesi a farne budini e via via tutta l'Europa si convertì o fu sedotta da tanta bontà  che, a seconda dei casi, prendeva  nomi e forme diverse.
Oggi si può scegliere tra cioccolatini, bon bon, praline, cremini, tartufi, e naturalmente tra cioccolato al latte e fondente. E se proprio si vuol essere originali, si può cedere alla dolcezza di quello bianco. Sì, bianco.Chissà come si meraviglierebbero i Maya!

CURIOSITA': L'ALBERO DEL CACAO

E' uno dei più belli della vegetazione tropicale: potrebbe raggiungere e superare i dodici metri, ma per agevolare la raccolta dei frutti, la sua altezza massima viene limitata a tre o quattro metri. La sua vita media oscilla tra i venti e i trent'anni. Spelndidi fiori rossi ornano i suoi rami e tutto il suo tronco. I frutti sono inizialmente verdi, poi man mano che maturano diventano gialli e quindi su questo sfondo si formano disegni o sfumature rossastre. Nella forma sono simili a bacche ovoidali lunghe circa 20/25 cm con un diametro di 10 cm. La buccia, piuttosto dura, racchiude una polpa dolciastra che contiene da 20 a 75 fave. La raccolta si esegue a mano, quindi tutti i frutti vengono vuotati e i semi separati dalla polpa sono raccolti in grandi sacchi per la fermentazione. Dopo passano al lavaggio, all'essiccazione ed infine alla tostatura finale 

CURIOSITA': VINO E CIOCCOLATO

Fino a non troppo tempo fa si riteneva che il cioccolato abbinato al vino fosse cosa da evitare. L'acqua era indicata come unica possibile compagna di gianduiotti, cremini e tartufi. Ma il gusto evolve, le produzioni pure, e da alcuni anni si effettuano abbinamenti in grado di soddisfare severi esperti e golosi esigenti.
Infine, poichè le creazioni derivate dal cacao sono innumerevoli e dalle caratteristiche gustative estremamente diverse tra loro, per maggior chiarezza suddividiamo gli abbinamenti per tipologia di cioccolato.
Quando ci troviamo di fronte al dilemma di che cosa abbinare al cioccolato al latte, caratterizzato da una estrema dolcezza e pastosità, il vino dovrà essere altrettando dolce e morbito. Per esempio un Brachetto Passito del Piemonte, profumato e persistente quanto basta per accompagnare, senza sovrastarlo, il nostro buon cioccolatino. Altrettanto riuscito è l'abbinamento con un Sangiovese Passito, ultimo nato dalla creatività romagnola. Da provare anche il Moscato Passito di Pantelleria, solare e delicato, oppure il bergamasco Moscato di Sanzo, vino preferito dagli zar di Russia.
Nel cioccolato gianduja è invece la nocciola a dettare le regole dell'abbinamento, sempre in compagnia dell'esigente cacao, Ecco quindi che un bel Barolo, piemontese di razza come il giandujotto, crea un perfetto connubio di gusti e profumi. Ma anche un Aleatico di Puglia, specie se liquoroso, si comporta altrettanto degnamante: gli splendidi profumi di frutta matura, di pesche e albicocche, sono l'ideale anche per la Sacher Torte. Al cioccolato gianduja è inoltre consigliabile abbinare un vino umbro, il Sagrantino di Montefalco Passito, con ampi profumi di nocciola e frutta matura e un'eccellente persistenza aromatica.
Di fronte al cioccolato fondente, giustamente amaro, ma anche provvisto di dolcezza, è necessario un vino come l'Ala Amarascato. Anche un Primitivo Passito copre questo non facile ruolo, grazie alla potenza del vitigno.
Se invece abbiamo un  fondente extra bitter o amarissimo occorre un vino potente con una grande morbidezza e con un buon tenore alcoolico per pulire la bocca e tenere testa all'arroganza del cacao. Certamente un Porto, un Cognac di buon invecchiamento, uno Jerez Oloroso oppure un Rhum sono tra i migliori compagni di questo cioccolato, ma anche un buon Marsala dolce oppure un Nero d'Avola liquoroso escono vincenti.
Sul mercato si trovano anche tipologie di cioccolato speziato: a questi prodotti così particolari si sono voluti abbinare vini rossi secchi di grande forza, come un Amarone della Valpolicella. Ma anche uno Shiraz siciliano o un Merlot barricato, entrambi di corpo e di grande aromaticità, possono riservare incredibili sorprese.