Se un giorno mi ritiro in un angolo isolato, porto con me un buon libro e tanto cioccolato...

martedì 3 agosto 2010

CURIOSITA': STORIA DEL CIOCCOLATO

La pianta del cioccolato o meglio l'albero del cacao è originario del Sudamerica , dove tutto lascia credere che sia arrivato al seguito del popolo dei Maya emigrato dall'America centrale verso quella del Sud intorno all'anno Mille. E la storia racconta il doppio valore di questo frutto: come nutrimento, era la base di una bevanda energetica consumata da quelle popolazioni. Come moneta, era la valuta corrente per pagare le merci. Così, quando nel 1200 i Maya furono sottomessi dagli Atzechi, ai nuovi padroni delle loro terre essi pagavano onerosi contributi in cacao. Passarono tre secoli ed ecco che nel 1502 Cristoforo Colombo, al suo quarto viaggio alle Americhe alla ricerca della "riva delle Indie", fermarsi al largo dell'Honduras in un'isola i cui abitanti gli fecero omaggio di molti prodotti locali tra cui il frutto del cacao. Ma il genovese e i suoi uomini non ebbero la cuorisità di assaggiarlo: furono attratti dal fatto che venisse usato come moneta.
Alcuni anni dopo, nel 1519, Hernàn Cortes sbarcò in Messico accolto con tutti gli onori (ahimè!) dagli Atzechi, i quali credettero di riconoscere in lui l'incarnazione del loro tanto atteso dio Quetzalcoatl che millenni prima, umiliato e offeso da un'altra divinità, era scomparso giurando che un giorno sarebbe tornato dal  mare per ridare al suo popolo la gloria di un tempo. Fu così che l'Imperatore Montezuma accolse Cortès con amicizia e doni, tra cui una intera piantagione di cacao. Ma Cortès e la sua gente bramavano l'oro che quel suolo nascondeva, e per averlo non esitarono a distruggere un intero popolo e la sua civiltà. E, quando gli spagnoli tornarono in patria, caricarono lui loro vascelli anche le fave di cacao da cui, nel frattempo, avevano imparato a ricavare la bevanda  che gli Atzechi consumavano abitualmente e la cui coltivazione era accompagnata da riti ben precisi. Ma la bevanda era amara e il suo gusto non incontrò il favore della gente spagnola. Tentativi erano stati già fatti per addolcirla, ma solo quando venne mescolata allo zucchero di canna il risultato fu quello che oggi noi conosciamo.
E poi arrivarono i perfezionamenti: il cioccolato, fino allora bevuto freddo, da qualcuno provvisto di palato fine fu scaldato e ciò ne esaltò ancor di più il sapore e il profumo. Un piacere, però, riservato al palato dei re e delle corti per il costo elevato. Ma ancora per poco.
Un italiano, Francesco Carletti, intelligente giramondo, riuscirà ad importare alcuni frutti e a venderli.
Intanto gli olandesi toglievano agli spagnoli il monopolio e in breve il cacao, ormai importato in grandi quantitativi, divenne di uso quasi comune: ernao i primi anni nel 1600 e, verso la fine del secolo, Torino era già riconosciuta la capitale italiana del cioccolato. Qui la preziosa polvere veniva lavorata con vera maestria.
I primi locali pubblici, battezzati "saloni" o "caffè" , dove era possibile ordinare l'esotica bevanda, si aprirono a Venezia. Ma anche nella vicina Francia il cioccolato celebrava i suoi trionfi a Corte, dove a prepararla erano le "cioccolatiere", ovvero cameriere specializzate in quest'arte. Il re Sole stesso, Luigi XIV, emanò un editto, il primo in Europa, che regolava la vendita all'ingrosso e al dettaglio del cioccolato. A suo tempo sarà il Cardinal Mazzarino, ghiottissimo di cioccolato, a far arrivare dall'Italia il More, un cuoco famoso per la sua abilità nel preparare bevande al cioccolato. Passarono gli anni e il "cibo degli dei" arrivò suo tavoli dei moderni "caffè".
In seguito gli spagnoli iniziarono a produrre il cioccolato in tavolette, gli inglesi a farne budini e via via tutta l'Europa si convertì o fu sedotta da tanta bontà  che, a seconda dei casi, prendeva  nomi e forme diverse.
Oggi si può scegliere tra cioccolatini, bon bon, praline, cremini, tartufi, e naturalmente tra cioccolato al latte e fondente. E se proprio si vuol essere originali, si può cedere alla dolcezza di quello bianco. Sì, bianco.Chissà come si meraviglierebbero i Maya!

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